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Riflessi di Città

IL GALLO SFRACELLATO

    
    Nel giorno del voto, penso sia utile ricordare che un’altra morale è possibile. Perciò sentite questa.
     Eravamo appena fuori dall’alba, quando suonò il campanello e svegliò tutta la famiglia. Io fui più lesto degli altri ed aprii la porta. Risposi con un saluto al suo saluto e subito gli guardai le scarpe; erano davvero enormi ed ancora non so capacitarmi di come un uomo così basso e tarchiato potesse navigare in scarpe tanto grosse e pesanti.
     Quell’osservazione, mi aveva perfino fatto ignorare che egli reggeva con sforzo nella mano un grosso gallo che quasi toccava con la cresta il pavimento.
     Solo allora mi scossi, spaurito per quello che poteva succedere. E fu proprio in quel momento che mio padre dal letto mi chiamò per chiedere chi fosse.
     “Ma come, a quest’ora?” disse, pur sapendo che per uno come lui, tutto dedito alla politica, le ore prima della partenza e quelle del pranzo erano le più propizie per essere trovato. Infilati i pantaloni, andò verso l’uscio. Ma nemmeno ci arrivò che già i suoi occhi presero a roteare. Quelle erano le occasioni che lo mettevano maggiormente in crisi. Comunque, disse che non poteva accettare ciò che l’uomo, venuto a piedi dalla sua campagna, voleva regalargli. E spingi che ti respingo, il povero contadino cercava d’infilar dentro quello che mio padre voleva rimandar fuori. Io volevo piangere nel vedere la sofferenza che copriva il volto dell’uomo, il quale infine dovette ritirarsi sconfitto col suo gallo.
     Non s’accorse di niente, quando sbucò dal portone e fu un sol lampo. La macchina arrivò d’improvviso, il vecchio aveva appena disceso l’ultimo scalino, lo spavento gli dischiuse la presa, il gallo scappò via, la macchina lo prese in pieno e lo disintegrò.
     Questa volta era l’uomo che voleva piangere, sollevò la testa verso la tendina dove io, non visto, avevo seguito tutta la scena, alzò la mano, imprecò, se la portò a taglio in bocca e sconsolato dovette riprendere la via della campagna.
    

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